Quando la ripresa economica non basta: riflessioni per una rinascita civile e morale

L’Italia è tornata a crescere. Si cresce poco e lentamente, ma si può dire che ci sia una ripresa, per quanto debole. Certamente resta ancora molto da fare, dal debito pubblico elevato (131,80% del PIL nel dicembre 2017) alla disoccupazione tra le più alte dell’area Euro (11% nel marzo 2018), dalla scarsa produttività delle imprese alle crescenti disuguaglianze economiche e sociali. Di questi e tanti altri problemi (perché si sa, i problemi non mancano mai) si parla da anni. Tuttavia, mentre stiamo facendo ancora fatica a riprenderci da una lunga ed estenuante campagna elettorale, seguita da una altrettanto sfiancante sequela di tira e molla per la formazione del nuovo esecutivo, rimangono isolate le voci di intellettuali, giornalisti e opinionisti che si levano a denunciare un problema ben più grave: la crisi civile e morale della collettività.

Secondo il Corruptions Perceptions Index, che misura la percezione che i cittadini hanno della corruzione del settore pubblico, nel 2017 l’Italia si piazza al 54esimo posto su 180 paesi. Il Trust Barometer dell’agenzia di relazioni pubbliche Edelman evidenzia, invece, la totale sfiducia dei cittadini italiani nei confronti delle istituzioni, delle imprese, dei media e delle organizzazioni non governative, con un punteggio di 48 su 100 nel Trust Index. Parimenti, uno studio dell’OCSE risalente al 2015 evidenzia come l’Italia sia, ahinoi, fanalino di coda tra i paesi europei sia per la fiducia accordata al sistema politico, con un punteggio poco superiore a 2 su una scala da 2 a 10, sia per la fiducia nel sistema legale, con un punteggio inferiore a 4. Anche sul fronte delle relazioni interpersonali i dati non sono incoraggianti. Un rapporto Eurostat datato 2015 riporta i risultati di un sondaggio sul tema della fiducia nell’altro: l’Italia ottiene un punteggio di 5.7 su un massimo di 10.

A questo punto il lettore si starà chiedendo come i dati sopra riportati possano aiutare a spiegare la crisi italiana. Ebbene, in primis, la fiducia è alla base di qualsiasi transazione di carattere economico. In effetti, è stata dimostrata un’elevata correlazione tra indice di fiducia e PIL pro capite. Ben più importante, tuttavia, è capire che la capacità di una società di affidarsi fiduciosamente e rispettosamente alle proprie istituzioni, in virtù di un accordo tra la cittadinanza e i propri governanti che si rende esplicito nell’atto fondativo di ogni democrazia moderna, cioè la carta costituzionale, è condizione necessaria (ma non per forza sufficiente) per il funzionamento del sistema Paese. Qualcuno dirà che le istituzioni devono meritarsi la fiducia dei cittadini e che siccome in Italia lo Stato non brilla certo per efficienza e funzionalità, allora i cittadini possono sentirsi sfiduciati nei confronti della Repubblica. A me pare, tuttavia, che spesso si dimentichi che oltre al riconoscimento dei diritti inalienabili, un corretto funzionamento della vita democratica si espleta anche attraverso il riconoscimento di uno scambio reciproco e costante di doveri tra le istituzioni e i cittadini. Nel suo saggio Troppi diritti: l’Italia tradita dalla libertà (aprile 2018, edito da Mondadori), Alessandro Barbano, direttore del quotidiano Il Mattino conia un neologismo atto a spiegare la crisi del civismo italiano: il “dirittismo”. Il giornalista condanna lucidamente l’ipocrisia di un sistema in cui il cittadino pretende inderogabilmente un eccesso di diritti senza però adempiere contestualmente anche ai suoi doveri. Questo atteggiamento antidemocratico trova riscontro in ogni ambito, dalla politica (pensiamo all’elevato astensionismo), all’economia (l’evasione fiscale), fino ad arrivare alla salute (la dibattuta quaestio dei vaccini). Anche Maurizio Viroli, professore emerito di teoria politica presso l’Università di Princeton, sostiene che in Italia, per porre fine alla corruzione, al malaffare e all’indifferenza, prima ancora di una sana e robusta crescita economica, ci sia bisogno di una riscoperta dello spirito civico che dovrebbe ispirare la vita collettiva di una società democratica. Per spirito civile si intende la lealtà verso le istituzioni repubblicane, un senso di responsabilità diffusa nei confronti del bene pubblico, il rispetto della legalità, la volontà di partecipare attivamente alla vita della comunità a tutti i suoi livelli organizzativi, dalle realtà associative più piccole, all’università fino alla politica. Fondamentale per gettare le basi di questa rinascita civile, spiega Viroli, è prima di tutto una rinascita morale, caratterizzata dalla riscoperta incondizionata, e cioè priva di forzature dall’esterno, della bellezza e della dignità del dovere. Filosoficamente, ciò non coincide con una limitazione della libertà, principio che costituisce le fondamenta di ogni architettura democratico-liberale. Al contrario, solo l’uomo che segue con abnegazione la norma che sente dentro di sé può dichiararsi libero, al contrario di una condizione di servitù nella quale è assoggettato al volere altrui. Questa condizione di rinascita, prima morale e poi civile, non deve farsi strada tra le pressioni di uno Stato che si fa polizia, deve bensì trovare nelle élite politiche ed economiche dei punti di riferimento che possano offrire un esempio genuino di buona condotta civile al resto dei cittadini. Vivere civilmente e civicamente insieme significa saper parlare, pensare e comportarsi in modo tale da apportare un contributo positivo al funzionamento della collettività.

Alcune delle cause della profonda crisi italiana affondano le radici nel retroterra storico-culturale del nostro paese, come ad esempio la tarda unificazione e la giovane età delle istituzioni repubblicane. Altre, invece, sono meno radicate e potenzialmente più facilmente risolvibili, come la scarsa educazione sui temi della legalità, del civismo e del funzionamento dello Stato in ambito scolastico. Certo è che l’Italia ha bisogno di essere rinvigorita da nuova linfa vitale, che solo un rinnovato spirito civile e una ritrovata statura morale possono alimentare. A quel punto la crescita economica non solo ci basterà, ma sarà anche quantitativamente e qualitativamente migliore.

 

Fonti:

http://cms.edelman.com/sites/default/files/2018-01/2018%20Edelman%20Trust%20Barometer%20Global%20Report.pdf

https://ourworldindata.org/trust

http://www.repubblica.it/economia/index.html?refresh_ce

https://www.transparency.org/news/feature/corruption_perceptions_index_2017

https://www.youtube.com/watch?v=hWI3fbi4O68

https://www.librimondadori.it/libri/troppi-diritti-alessandro-barbano/

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