Bike Sharing mania

Ofo, Mobike, oBike, Gobee.bike. In molte città italiane negli ultimi mesi si avrà certamente avuto modo di notare sempre più biciclette colorate posteggiate un po’ ovunque con uno di questi marchi stampati. Tali brand rappresentano le ultime novità in tema di bike sharing: queste biciclette geolocalizzate sono utilizzabili a pagamento registrandosi tramite un’app e non necessitano di essere collocate in stazioni di deposito predefinite al termine del loro utilizzo. Tale caratteristica, definita sistema free floating, sta gradualmente prendendo piede in Italia ed Europa affiancandosi al precedente sistema di condivisione delle biciclette basato sul posteggio in stazioni fisse. La comodità per chi utilizza il servizio è notevole, infatti queste aziende si stanno espandendo in tutto il mondo con i loro servizi a una velocità sorprendente, grazie anche all’onda green del periodo che è un elemento chiave del successo: la consapevolezza dell’utilizzo della bicicletta come strumento per ridurre smog e rumore dalle strade e, allo stesso tempo, come mezzo per tenersi in forma, gioca un ruolo fondamentale nell’alimentare la domanda del servizio, reso attraente dai costi ridotti e dalla facilità di accesso.

Tuttavia, per le aziende, non è sempre oro tutto quel che luccica: devono infatti affrontare due principali problemi per continuare a espandersi facendo profitti, rappresentati dal vandalismo e dall’eccessiva concorrenza.

Per il primo problema, si è tentato di porre rimedio con sofisticati sistemi di allarme installati sulle biciclette, ma tutto il mondo è paese e l’inciviltà non si ferma di fronte a nulla: dalle biciclette buttate nei fiumi a Torino, alle oBike posteggiate sugli alberi a Melbourne, ai vandali che a Bruxelles si sono scatenati a tal punto da costringere l’azienda di Hong Kong Gobee.bike a ritirare il servizio dalla città a causa dei costi di manutenzione non sostenibili dopo soli tre mesi dal lancio. Come in un domino, la stessa azienda ha poi ritirato il servizio anche da Francia e Italia, abbandonando di fatto l’intero mercato europeo su cui operava, avendo subìto furti o danneggiamenti pari al 60% della flotta. Tuttavia la decisione di ritirarsi dall’Europa, seppur motivata da questa principale ragione, deve aver risentito molto anche del fattore concorrenza.

Per quanto riguarda questo punto, infatti, le conseguenze sono ancora maggiori ed evidenti: se per i consumatori l’ampia scelta del servizio si traduce in prezzi sempre più convenienti, dalla parte dei produttori ciò significa che i margini di profitto sono sempre più ridotti e questo sta avvenendo non tanto in Europa, quanto in Cina. Qui la quantità di start up che hanno preso parte alla frenesia del bike sharing sfruttando il momento propizio è notevole: sono 60, con un numero stimato di biciclette che si aggira complessivamente sui 16 milioni, ed è in costante crescita. Data l’iniziale assenza di regolamentazioni al free floating, il totale di biciclette sulle strade è risultato eccessivo e la situazione così caotica da dover richiedere in alcuni casi l’intervento regolatore delle autorità, intervento che ha portato al sequestro di migliaia di mezzi in diverse metropoli.

A causa di questa situazione, in Cina molte startup stanno fallendo o sono destinate a fondersi nei prossimi mesi per sopravvivere, mentre tendono ad affermarsi solo le imprese più grandi: al momento Mobike e Ofo sono le due società leader nel servizio, avendo a che fare con un flusso di 50 milioni di ciclisti al giorno. Pur in presenza di questi grandi numeri, i profitti stentano ancora a vedersi; tuttavia le due imprese sono finanziate rispettivamente da Tencent e Alibaba, le due più grandi società nel settore informatico in Cina. Per queste ultime il vantaggio maggiore nel contribuire alla Sharing Economy è la raccolta dei dati sotto forma di analisi degli spostamenti e delle abitudini dei consumatori, in accordo con il governo.

Da mesi si vocifera di una possibile fusione tra Ofo e Mobike. È però notizia piuttosto recente che l’azienda Didi Chuxing, attiva nel settore dei trasporti e valutata più di 50 miliardi di dollari, si stia introducendo nel mercato del bike sharing dopo aver rilevato una startup, Bluegogo, sull’orlo del fallimento. Essendo tuttavia Didi un investitore in Ofo, ma a sua volta partecipata da Tencent e Alibaba, non è ancora chiaro in che relazioni si porranno queste tre imprese del settore. Anche se è presto per dirlo, gli sviluppi attuali lasciano però presagire per la Cina la fine della concorrenza in questo mercato, con l’estromissione o l’incorporazione di tutti gli altri piccoli concorrenti.

Nonostante il fenomeno bike sharing sia decisamente positivo per l’ambiente, a questo punto non può però che sorgere spontanea una domanda, relativa all’utilizzo e all’analisi dei dati associabili ai singoli utenti per ogni loro spostamento quotidiano: di questo passo, in Cina così come nel resto del mondo, la privacy diventerà o è già diventata un lontano ricordo? E tutto ciò a vantaggio di chi? Se sia necessario preoccuparsi, è tutto da discutere, ma il problema come minimo dovrebbe essere sollevato

 

http://money.cnn.com/2017/12/29/investing/china-bike-sharing-boom-bust/index.html

https://www.nytimes.com/2017/11/20/magazine/chinas-revealing-spin-on-the-sharing-economy.html

http://money.cnn.com/2018/01/09/technology/china-didi-bike-sharing/index.html

https://techcrunch.com/2018/01/09/didi-declares-war-on-chinas-bike-sharing-startups/

https://it.businessinsider.com/il-bike-sharing-free-floating-appena-arrivato-a-milano-sta-deturpando-le-strade-e-i-fiumi-di-sydney-e-di-melbourne/

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