L’America di Donald J. Trump

Dopo questi primi mesi di campagna elettorale ed il primo dibattito tra i due principali contendenti, Donald J. Trump e Hillary Clinton, il risultato delle elezioni è decisamente incerto. Più chiaro è invece cosa comporterebbe una vittoria del tycoon newyorkese e la conseguente applicazione della sua politica estera ed economica.

Politica estera

In materia di politica estera Trump concentra la sua attenzione sul fenomeno del terrorismo islamico, proponendo nel contempo uno smarcamento degli Stati Uniti dalle vicende degli altri Paesi.

Il programma dell’aspirante “commander in chief” prevede un forte ridimensionamento del ruolo degli USA nella Nato: gli altri Paesi membri (soprattutto quelli europei) infatti spendono molto meno di quanto dovrebbero per la loro difesa, costringendo l’America ad un impegno estremamente dispendioso.

Alla domanda se interverrebbe a difesa dei Paesi baltici in caso di attacco russo, il candidato repubblicano ha affermato che un intervento degli Stati Uniti sarebbe subordinato all’adempimento dei loro obblighi verso l’America.

Trump ha anche criticato fortemente il Giappone, che a suo dire ruba posti di lavoro agli Americani e vorrebbe rivedere il trattato che prevede l’impegno dell’America nella difesa del Giappone, senza però obbligare il Giappone a fare lo stesso se a venire assalita fossero gli USA: in realtà la situazione è decisamente più complessa. Un altro suo bersaglio è stata la Corea del Sud, accusata di non pagare nulla per la protezione che gli Stati Uniti garantiscono. Anche in questo caso però il magnate ha affermato cose inesatte: attualmente la Corea del Sud paga più di 800 milioni di dollari all’anno per finanziare la presenza di truppe americane sul suo territorio.

Ѐ evidente che una politica estera che preveda il ridimensionamento della Nato e costringa Paesi chiave per gli equilibri del continente asiatico quali sono la Corea del Sud ed il Giappone a proteggersi da soli incoraggerebbe le ambizioni di Russia, Corea del Nord e Cina, favorendo l’instabilità dell’intera area e, di conseguenza, del globo.

L’impreparazione di Donald Trump in materia di geopolitica appare ancor più evidente se si pensa che agli inizi di marzo erano stati proprio gli esperti di politica estera del partito repubblicano ad indirizzargli una lettera aperta, definendolo completamente inadatto per il ruolo che intende ricoprire.

Politica economica

In materia di economia il tycoon neworkese propone un drastico taglio delle imposte, unitamente ad una politica fortemente protezionista: l’obiettivo è quello di rilanciare le imprese americane e di salvaguardare i posti di lavoro che, secondo Trump, sono minacciati dagli attuali accordi commerciali.

Tuttavia secondo uno studio indipendente sui programmi dei candidati alla presidenza condotto dal Committee for a Responsible Federal Budgetla la rivoluzione fiscale promessa, definita dal candidato repubblicano “la maggiore dai tempi di Ronald Reagan”, porterebbe il debito pubblico statunitense al livello record del 127% del PIL nel 2026.

Le proposte di Donald Trump sono radicali anche in materia di commercio internazionale: l’idea è infatti quella di utilizzare lo strumento dei dazi per penalizzare Paesi concorrenti, in particolare il Messico e la Cina (che attualmente rappresentano circa un quarto del commercio americano di beni e servizi) e garantire più efficacemente i posti di lavoro per i cittadini americani.

In realtà questo tipo di politica protezionista avrebbe con ogni probabilità un effetto diametralmente opposto, deprimendo in maniera rilevante l’economia americana e causando un forte aumento della disoccupazione.

Uno studio condotto dal Peterson Institute di Washington, un think thank indipendente, ha simulato tre scenari in cui le tariffe degli Stati Uniti vengono portate ai livelli immaginati da Trump, ovvero al 45% per l’import dalla Cina e al 35% per quello messicano:

  1. Il primo scenario è anche il peggiore: infatti prevede una guerra commerciale totale che colpirebbe in particolare gli Stati di Washington, Massachusetts e California, oltre alle tre più grandi metropoli, ovvero new York, Los Angeles e Chicago. La perdita di posti di lavoro raggiungerebbe quasi la cifra record di 4,8 milioni e nel giro di tre anni gli USA tornerebbero in recessione.
  1. Il secondo scenario invece ipotizza una guerra commerciale asimmetrica: Cina e Messico infatti condurrebbero le loro rappresaglie in maniera selettiva. In particolare la Cina potrebbe porre in essere misure quali la vendita del trilione di titoli di debito e bloccare l’acquisto di prodotti agricoli americani: le conseguenze sarebbero molto gravi, soprattutto per le aree agricole degli Stati del Mississippi, del Missouri, del Tennessee e dell’Arkansas.
  1. Il terzo ed ultimo scenario prevede una guerra commerciale abortita: in seguito alle proteste popolari Trump abbandonerebbe dopo un anno le sue politiche protezioniste. Le conseguenze, seppur meno gravi rispetto ai due scenari precedenti, sono comunque molto negative: i posti di lavoro bruciati dall’escalation di ritorsioni sarebbero ben 1,3 milioni.

Per concludere

Viste le probabili conseguenze delle sue politiche, appare evidente che Donald J. Trump è completamente inadatto a ricoprire il ruolo di leader della prima potenza mondiale: una sua presidenza potrebbe condurre ad un ciclo di crisi economiche e politiche che investirebbero non solo l’America, ma anche le altre nazioni, alleate e non.

Forse sono esagerate le parole dell’ex Segretario del Tesoro USA ed ex rettore di Harvard Lawrence Summers, che poco prima del voto sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea lo aveva definito come un pericolo addirittura maggiore della Brexit, tuttavia se davvero il suo programma venisse attuato così com’è le conseguenze sarebbero molto gravi e il conto da pagare sarebbe decisamente salato.

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