Storicamente, le recessioni globali avvengono in media ogni sette o otto anni. L’ultima crisi economica è avvenuta tra il 2007 e il 2008, da una parte e dall’altra dell’Atlantico. I conti sono presto fatti.
Stiamo già assistendo alla recessione in Brasile e in Russia, così come alla crescita rallentata in Cina. Viene quindi da chiedersi se la crisi sia in procinto di colpire le economie emergenti. Si tratta di una domanda centrale, non circoscritta a quei singoli Paesi: negli ultimi 15 anni, sono stati un motore fondamentale della crescita globale.
In realtà bisogna analizzare la situazione economica attuale in maniera più profonda. I segnali sono diversi e anche contrastanti, e l’interpretazione è complessa.
Negli USA la disoccupazione è a livelli storicamente normali. Il prezzo del petrolio e dei beni di prima necessità è basso. In generale, i prezzi delle materie prime sono scesi radicalmente. I salari crescono, e il consumatore medio americano è sempre più in forma, anche se non troppo ottimista.

Fonte: NASDAQ
Nel frattempo, le economie emergenti cominciano a dover affrontare non soltanto le sfide economiche di breve termine, ma anche di lungo. Il rischio è quello di un declino della crescita strutturale. Infatti, le previsioni del Fondo monetario internazionale dichiarano che i Paesi in via di sviluppo stanno convergendo agli standard di vita delle economie più avanzate ad un ritmo che è decisamente minore rispetto a quanto ci aspettavamo dieci anni fa. Alcuni Paesi chiave non sono affatto sulla buona strada per la convergenza.
E tutto ciò è evidentemente in contraddizione con le grandi promesse della globalizzazione, che dovrebbe incentivare e accelerare la convergenza. Le ragioni sono, ovviamente, una maggiore connessione globale, sempre più opportunità di trasferimento di conoscenza e tecnologie, un capitale sempre più mobile e disponibile, insieme ad altre motivazioni più sociali come il calo della povertà e il miglioramento dell’istruzione.
Sarà fondamentale, quindi, in questo 2016, ridurre gli squilibri esistenti, rimettere in discussione la competitività delle economie emergenti, ridurre la volatilità del mercato e affrontare il diffuso calo della crescita potenziale. Il Fondo Monetario Internazionale dovrà impegnarsi affinché i capitali non defluiscano dai paesi più poveri verso quelli più ricchi, e affinché questi siano più favorevoli ad investimenti che abbiano risvolti importanti sulla crescita.
Un altro aspetto, sempre cruciale quando si parla di crescita, è quello della condivisione della conoscenza e delle tecnologie. In questo nuovo anno si dovrà ripensare all’equilibrio tra protezione della proprietà intellettuale e la diffusione della tecnologia. Dovranno esserci nuovi sforzi, inoltre, per incentivare gli investimenti esteri diretti che incoraggiano il trasferimento di tecnologia dalle nazioni più ricche a quelle più povere.
Nel frattempo, tuttavia, bisogna analizzare il caso tutto particolare in cui si trovano oggi le nazioni occidentali. Il settore dell’esportazione statunitense si trova in una situazione davvero delicata. L’anno scorso è stato, grazie alle politiche monetarie della Federal Reserve, il principale fattore trainante del recupero economico della nazione. L’intera operazione ha prodotto gli effetti positivi che abbiamo descritto qualche riga fa. Tuttavia, più recentemente la Fed ha iniziato a normalizzare i tassi di interesse. In contemporanea, in Europa la BCE sta agendo esattamente nel verso opposto, abbassandoli. Si sta creando, così, una forte divergenza in politica monetaria che potrebbe creare equilibri inediti.

Fonte: BCE
I tassi d’interesse e il dollaro che salgono minano alla competitività dei prodotti americani e mettono sotto pressione il mercato del lavoro statunitense, considerando che il settore manifatturiero offre moltissimi posti di lavoro (classe media). Questa sembra una buona notizia per l’Europa, visto che la produzione europea potrebbe superare quella statunitense per la prima volta dai tempi della Grande Recessione.
Se gli Stati Uniti dovessero sfiorare, tuttavia, il ritorno alla recessione, gli effetti a cascata sul sistema globale potrebbero essere davvero seri. E, questa volta, il cuscinetto delle economie emergenti potrebbe essere non troppo efficiente.
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