Intervista a Sandro Gozi

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli affari europei, Sandro Gozi è un profondo conoscitore delle dinamiche interne al vecchio continente. Con lui abbiamo parlato di immigrazione, tasse e della sinistra europea.

Dopo tutti i fatti successi in Ungheria circa la questione immigrazione – dai muri di filo spinato agli arresti – perché non si mette in discussione la permanenza di questo Stato all’interno dell’Unione Europea? Dopotutto per la Grecia questa fu messa in discussione, ma allora si trattava di motivi economici…

Io non credo che la risposta europea a qualsiasi problema, anche nazionale, sia espellere il Paese. Certamente, ci sarà da valutare se i valori e i diritti fondamentali dell’Europa vengono rispettati da tutti. Credo però che, come nei confronti della Grecia abbiamo usato tutti gli strumenti politici che i trattati mettono a disposizione per dialogare, negoziare e anche per convincere la Grecia a seguire un certo percorso, così dovremo fare con l’Ungheria per la parte riguardante i diritti fondamentali. Gli strumenti ci sono, occorre avere la volontà e il coraggio politico di usarli.

In questo senso, il dibattito che si terrà sul rispetto dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione europea – voluto dall’Italia e a guida del Presidente lussemburghese – dovrà essere anche l’occasione di valutare come i Governi si sono comportati sull’emergenza immigrazione.

Qual è il piano che l’Italia porta avanti all’interno dell’Unione per rispondere a questa emergenza?

Il piano italiano è il piano europeo. Finalmente abbiamo infatti convinto prima la Commissione europea, poi il Parlamento europeo, poi la Germania e infine la maggioranza dei Paesi a lavorare sulla proposta italiana che si articola in quattro punti: (i) rafforzamento del controllo delle frontiere nel Mediterraneo ma anche nei Balcani; (ii) lavoro con i paesi di origine: Africa e Medio Oriente; (iii) maggiore sforzo comune europeo, con tanto di risorse, per l’identificazione e per i rimpatri e, infine, (iv) impegno per un meccanismo di redistribuzione dei richiedenti asilo tra i Paesi.

Questo che oggi è l’oggetto del negoziato era ieri la proposta italiana che avevamo già delineato durante il Semestre di Presidenza.

L’Unione europea ha fatto trapelare che giudica come negativa l’intenzione del Governo italiano di abolire le tasse sulla prima casa. Qual è la sua opinione circa questo giudizio?

Sulle tasse decidiamo noi.

Il Def presentato dal Governo prevede un innalzamento del rapporto defict/Pil fino a quota 2,2%. Pensa che in Europa ci saranno i margini per ottenere questa flessibilità?

Sì, i margini ci saranno grazie al forte lavoro di riforma italiano e grazie alla spinta che abbiamo dato per portare l’Europa ad applicare in maniera più intelligente le regole sulla flessibilità. Queste prevedono dei margini per chi fa riforme strutturali e investimenti; in più ci sono da considerare le circostanze eccezionali legate alle spese per l’immigrazione. Da queste tre clausole potremo ottenere i margini per fare investimenti e per ridurre le tasse così come abbiamo indicato nel Def presentato dal Consiglio dei Ministri.

L’elezione di Corbyn potrà secondo lei cambiare gli equilibri all’interno del gruppo dei social-democratici europeo?

Il partito del socialismo europeo è una scatola vuota piena di burocrazia e povera di idee. Bisogna riempirla di contenuti e di dibattito politico e, in questo, credo che la spinta di Corbyn sarà determinante. Ritengo molto importante che Corbyn abbia voluto indicare subito il suo alla permanenza del Regno Unito all’interno dell’Unione in occasione del referendum. È fondamentale avere una sinistra britannica che voglia rimanere in Europa e lavorare con noi per costruire un’Europa più sociale che in questo momento manca drammaticamente.

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