Una realtà…modello

Il nostro modo di agire è spesso influenzato dalle previsioni: quando dobbiamo scegliere una giornata per un pic-nic ci affidiamo agli esperti meteo, quando partiamo per un lungo viaggio seguiamo il percorso che il navigatore ci consiglia come più breve, quando navighiamo su Google o Facebook troviamo le pubblicità che gli algoritmi informatici ritengono più adatte secondo le nostre ricerche precedenti.

In tutti questi casi si avverte il tentativo di prevedere, avendo a disposizione i dati della condizione presente, degli avvenimenti futuri, che siano la pioggia in una certa località, il traffico in un ramo autostradale o, forse la cosa più difficile, i gusti e i bisogni di un individuo. Tuttavia la realtà, quell’insieme di interazioni e relazioni di causa ed effetto, con le sue mille sfaccettature, non si presta a essere trattata o analizzata; non possiamo conoscere la posizione di ogni singolo veicolo in un dato momento, né l’evoluzione di tutte le correnti in ciascun punto della Terra. Abbiamo bisogno di una semplificazione, che isoli i tratti fondamentali e ignori quelli superflui, che ci permetta di estrarre delle informazioni da situazioni confuse e complicate, abbiamo bisogno, cioè, di un modello.

Un esempio molto semplice e significativo per illustrare questo metodo ci viene dalla Fisica: se vogliamo studiare il moto di una macchina, non ci interessa sapere che il veicolo è rosso e con quattro posti, né che il guidatore ha la barba e uno scintillante Rolex al polso, né che la strada è costeggiata da graziose aiuole di gerani, ci basta conoscere la distanza percorsa e il tempo richiesto per calcolare la velocità media. E’ il cosiddetto modello del punto materiale, con cui, eliminando i dettagli non significativi, si approssima un oggetto in movimento con un punto che si muove lungo una linea; si possono introdurre sempre più particolari nel nostro modello di partenza, per esempio potremmo essere interessati a studiare l’effetto dell’attrito sull’auto in questione o la velocità massima raggiunta, ma bisognerà ricavare nuovi dati, aumentandone la difficoltà di analisi.

Questo è un tipico caso di modello idealizzato, il cui obiettivo è rendere più maneggevole il problema, e si distingue dai modelli analogici, in cui si prende un oggetto di cui sia già nota la teoria e si cerca di capire fino a che punto assomigli al sistema a cui si è interessati (come le molecole di gas studiate alla stregua di palle di biliardo), e fenomenologici, che si limitano a descrivere solo proprietà osservabili senza spiegare i processi da cui derivano.

Inoltre, in questo esempio possiamo trovare un’altra parola chiave: approssimazione. E’ impossibile che una macchina abbia una velocità media esattamente di 50 km/s, ogni misura, in particolare in un modello semplificativo, ha un errore, che indica il range in cui si trova il numero corretto; è ben diverso dire che la velocità può variare tra 49 e 51 km/s o tra 10 e 90!.

Per questo motivo, quando vengono citati studi che, poniamo, prevedono un aumento del PIL dello 0.1%, questa informazione di per sé è assolutamente inutile, poiché non si sa di quanto potrebbe variare questa stima, cioè non si conosce la precisione della misura.

Come disse il matematico e fisico francese Henrì Poincarè “…può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali ne producano di grandissime nei fenomeni finali. Un piccolo errore nelle prime produce un errore enorme nei secondi. La previsione diventa impossibile e si ha un fenomeno fortuito.”; non è un caso che l’espressione “il batter d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas” nasca da uno studio di Edward Lorentz sulle variazioni del clima dovute a minuscoli cambiamenti delle condizioni iniziali.

Pertanto, prima di prendercela con il dott. Giuliacci e i suoi colleghi per le vacanze rovinate (come il governatore del Veneto Zaia), dovremmo considerare che le loro previsioni derivano dallo sforzo di supercomputer e dallo studio di complicatissime equazioni differenziali!

Anche le scienze sociali, in particolare l’economia, utilizzano modelli: che si tratti di calcolare l’impatto sulle vendite di un aumento del prezzo, di capire quale tipo di pubblicità sia più efficiente, o di prevedere la risposta dei concorrenti, gli economisti non possono considerare tutte le variabili in gioco, ma devono trovare il giusto trade-off tra trattabilità e accuratezza (cioè somiglianza alla realtà).

Prendiamo l’esempio della Teoria del consumatore, che studia come i consumatori massimizzano il proprio benessere scegliendo tra diversi beni: essa parte da tre assiomi fondamentali dai quali si ottengono i risultati successivi.

  1. Completezza: i consumatori sono in grado di confrontare e valutare tutti panieri disponibili
  2. Transitività: se un consumatore preferisce A rispetto a B e B a C, allora preferisce A rispetto a C
  3. Non sazietà: i consumatori preferiscono sempre avere una maggior quantità di un bene piuttosto che una minore

Ovviamente questi postulati, benché ragionevoli, non valgono per tutti, in particolare non è detto che si sia a conoscenza di tutti beni disponibili (spesso è il contrario!).

Questo non significa che il modello sia errato, ma che, nel tentativo di studiare la volontà e le decisioni degli individui, un mondo insondabile in verità, siano stati adottati dei principi che permettano, nel maggior numero di casi possibile, di trarre delle conclusioni.

Un modello, di per sé, non fornisce informazioni giuste o sbagliate, ma semplicemente delle risposte a domande che noi abbiamo fatto nel modo in cui noi l’abbiamo formulato: non è una mera questione di numeri o di input-output, ma di abilità ed esperienza nell’applicarlo alle situazioni adatte.

 


BIBLIOGRAFIA.

Leporini, Malvaldi, “Capra e calcoli. L’eterna lotta tra gli algoritmi e il caos”, Editori Laterza, 2014
Pindyck, Rubinfeld, “Microeconomia”, Pearson, 2013
Cecconi, Cencini, Sylos Labini, “Si può prevedere il futuro?”, rivista “Le Scienze” numero 538, Giugno 2013
Vulpiani, “Problemi e limiti delle previsioni”, rivista “Le Scienze” numero 538, Giugno 2013
Tibaldi, “Che tempo farà”, rivista “Le Scienze” numero 538, Giugno 2013

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