La sovranità perduta

Euro symbol on greek crack flags background

Dal discorso che Tsipras ha tenuto alla sede del Parlamento Europeo di Strasburgo e dalle reazioni dei leader europei all’esito del referendum greco emergono due dati che senza dubbio costituiscono una novità assoluta rispetto allo scenario delle scorse settimane. Il primo è che il braccio di ferro tra il governo greco e i suoi partner europei (i creditori in sostanza) non durerà ancora a lungo perché la fiducia tra la Grecia e gli altri paesi europei è definitivamente venuta meno dopo la decisione di Tsipras di indire il referendum. Entro domenica, infatti, si arriverà ad una svolta: o il governo greco presenterà una proposta che verrà giudicata credibile e si troverà un accordo che soddisferà entrambe le parti oppure la Commissione europea ha già pronto un piano dettagliato per gestire il grexit. Finalmente, dopo sei anni di trattative quasi ininterrotte, la soluzione della vicenda greca andrà in una direzione più precisa e così potremo scoprire chi tra i due giocatori, la Grecia e i creditori, farà la fine del pollo (The chicken game).

Il secondo dato, ancora più importante, è che il confronto tra la Grecia e i suoi partner si è definitivamente trasferito dal piano prettamente tecnico-finanziario a quello più marcatamente politico. Poiché i greci da diversi anni sono totalmente dipendenti dall’aiuto, più o meno solidale, degli altri paesi dell’UEM, l’unica chance che Tsipras aveva per aumentare il proprio potere contrattuale sul tavolo delle negoziazioni era proprio quella di ribaltare l’impostazione finora vigente nelle discussioni. Da adesso, le questioni relative risanamento della finanza pubblica greca sono passate in secondo piano. Il nodo centrale delle trattative riguarderà temi politici quali la solidarietà intraeuropea, l’efficacia delle politiche di austerità, la sostenibilità del debito pubblico e della moneta unica. Perciò, il potere contrattuale del governo greco dipenderà da quanto l’immagine del popolo greco che si ribella alle misure di austerità, giuste o sbagliate che siano, riuscirà a coinvolgere e ad affascinare gli altri popoli europei. Se la vittoria del oxi al referendumaprirà una breccia nell’elettorato di altri paesi che come la Grecia hanno dovuto sottoporsi ad interventi di aggiustamento strutturale e a suscitare dei tentativi di imitazione, allora il vincitore della battaglia politica sarà Tsipras. I partner europei della Grecia, infatti, nella scelta tra compromettere irreversibilmente la costruzione europea oppure adeguarsi alle richieste del governo greco, opterebbero per la seconda. Se, diversamente, il referendum greco non avrà effetto trascinante auspicato dal premier greco, quest’ultimo dovrà ridimensionare le proprie ambizioni: la sua vittoria politica risulterà soltanto parziale e sarà costretto a giocarsela alla pari con gli altri leader europei, cercando di ottenere un compromesso che appaia accettabile dal suo elettorato. Occorre riconoscerlo: Tsipras ha saputo giocarsi molto bene le poche carte che aveva a disposizione.

Dunque, se l’obiettivo di Tsipras è far pagare ai greci il meno possibile l’onere del risanamento, la strategia da lui adottata è probabilmente l’unica possibile. Tuttavia, che tale strategia vada in porto o che invece sia destinata all’insuccesso, una cosa è sicura: la Grecia continuerà, come ora, a rimanere vincolata alla disponibilità degli altri paesi dell’Eurozona a fornirle i fondi necessari per rifinanziare il debito. Attualmente, infatti, la Grecia si trova nella totale incapacità di finanziarsi offrendo titoli di stato agli investitoti nazionali ed internazionali a tassi d’interesse sostenibili, come fanno regolarmente gli altri paesi dell’Eurozona. Quindi, non basterà un referendum a restituire ai greci la propria sovranità. Non basterà perché nessuno ha sottratto alla Grecia la propria sovranità, ma sono stati i governi greci a perderla o quantomeno a cederla a qualcun altro. La sovranità è appartenuta al popolo greco fin quando una lunga serie di politici irresponsabili non l’hanno ceduta ai mercati finanziari e agli altri paesi europei. Questo è proprio quello che è avvenuto in Grecia durante i primi dieci anni dell’euro.

Il lungo periodo di stabilità dei mercati finanziari seguito alla nascita dell’euro non è stato sfruttato allo stesso modo dai paesi dell’UEM: alcuni hanno continuato a tenere sotto controllo le finanze pubbliche, altri, come la Grecia, ne hanno approfittato per fare l’esatto contrario. A questo proposito un confronto tra il Belgio e la Grecia può risultare esemplificativo. Nel 1998, il Belgio aveva un debito pubblico in rapporto al PIl del 122%, un deficit del 2,3%. La Grecia presentava dati perfino migliori: un debito pubblico decisamente inferiore a quello belga, 96,6% del Pil, e un deficit del 3,9%. Negli anni seguenti, fino alla crisi del 2008, il Belgio ha mantenuto un deficit annuo in media del 0,425% del Pil e, grazie a costanti avanzi primari, è riuscito a ridurre il debito di oltre 30 punti di Pil, fino a raggiungere l’82% nel 2007. La Grecia, invece, in quello stesso periodo ha registrato un deficit annuo medio di oltre il 4% del Pil, lasciando sostanzialmente invariato il rapporto debito-Pil. Dopo lo scoppio della crisi internazionale, il debito greco è rapidamente salito oltre il 100% del Pil, mentre quello del Belgio non si è discostato molto da tale soglia. Il diverso andamento del disavanzo pubblico spiega in parte perché i mercati finanziari abbiano attaccato la Grecia e non il Belgio.

Dall’introduzione dell’euro i greci hanno vissuto largamente al di sopra delle proprie effettive possibilità: diversi anni di disavanzo pubblico e di deficit della bilancia commerciale hanno determinato una crescita artificiale del Pil reale. Prima o poi questa dinamica insostenibile si sarebbe interrotta e sarebbe cominciato la fase di correzione. Quest’ultima è cominciata con la crisi internazionale del 2008 che ha messo in luce tutte le debolezze strutturali della Grecia: un sistema previdenziale insostenibile, un’evasione fiscale capillare, diffuse posizioni di rendita e di monopolio ed un sistema bancario totalmente controllato dalla Stato. L’aggiustamento strutturale a cui la Grecia ha dovuto sottoporsi ha assunto un carattere drammatico perché in seguito all’ammissione della reale entità dei valori del bilancio pubblico nel 2009, il governo greco ha perso ogni credibilità di fronte agli investitori e agli altri paesi europei. Per recuperare la fiducia di questi ultimi è stato costretto ad introdurre interventi drastici sia dal lato delle maggiori entrate che dal lato delle minori uscite. La recessione si è rapidamente ripresa i benefici derivanti da quella crescita sostenuta col debito dei primi anni duemila. Malgrado tutte le misure adottate per il risanamento, la Grecia non è riuscita a riconquistare la fiducia dei risparmiatori. I partner europei e le istituzioni internazionali hanno dovuto sostituirsi agli investitori ed erogare aiuti per finanziare il debito greco. Il governo greco è stato così indotto a subordinare l’esercizio della propria sovranità all’accesso alle tranche di aiuti europei. Quando si emette troppo debito, come nel caso della Grecia, le decisioni di politica economica non dipendono più solo dalla volontà sovrana del popolo, ma anche e soprattutto dalla disponibilità dei mercati finanziari di acquistare i titoli di debito. Quindi, la Grecia ha perso la propria sovranità quando ha perso la fiducia dei risparmiatori.

Il referendum greco è stato, da questo punto di vista, solamente un coinvolgente momento di partecipazione democratica, ma non consentirà alla Grecia di recuperare la sovranità. Siccome la Grecia necessita dell’afflusso dei risparmi del resto del mondo per finanziare il proprio debito – pubblico o privato – il principale obiettivo della politica economica è stato e rimane riguadagnare la fiducia degli investitori. Questa necessità può comportare una parziale perdita di sovranità. Tuttavia, le colpa non deve essere attribuita ai mercati o ai paesi che forniscono aiuti alla Grecia, ma a coloro che hanno portato il paese ad accumulare un debito eccessivo senza porre le condizioni adeguate per sostenerlo. Dunque, per recuperare la propria sovranità la Grecia non deve far altro che riconquistare la fiducia dei risparmiatori dimostrando di essere un paese credibile.

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