Uno dei modelli più usati dagli economisti per effettuare previsioni approssimative di breve periodo è il modello IS-LM.
Per quanto sia un modello abbastanza semplicistico ed ormai un po’ datato, rimane una delle basi fondamentali dell’economia moderna.
Potremmo affermare che è lo strumento attraverso il quale ogni economista effettua velocissime analisi sulle conseguenze macroeconomiche di fattori esterni che impattano sul sistema o, soprattutto, di manovre di politica economica intraprese dal governo.
La IS e la LM sono curve, funzioni che rappresentano il mercato dei beni e il mercato finanziario. Nel loro punto di intersezione osserviamo il tasso di interesse e il reddito/produzione di equilibrio nazionale.
Per ragioni divulgative esporrò la sua versione più semplificata ed in economia chiusa, ovvero in un mercato nazionale privo di importazioni ed esportazioni.
Come possiamo notare dalla formula della curva IS, un aumento di G finanziato con un equivalente aumento di T genera un’espansione economica. Mentre una riduzione di T finanziata con un’uguale riduzione di G causa una contrazione economica. Questo grazie al così denominato moltiplicatore keynesiano del reddito. La spesa pubblica prevale sulle imposte in quanto nel quoziente della formula, l’ammontare T è moltiplicato a c1, un numero compreso tra 0 e 1, che ne riduce l’effetto.
Proprio su questa base si fondano le teorie keynesiane, che vedono nell’intervento pubblico la via maestra per le politiche economiche. Ferventi oppositori di questo approccio, sono i così detti economisti liberali. Questi, mediante il sostegno alla teoria della Public Choice (che analizza come l’interesse politico non sia finalizzato al benessere collettivo ma all’interesse particolare degli eletti) si oppongono all’eccessiva ingerenza dello Stato nell’economia e sostengono la dottrina del “lasciar fare”.
Per quanto nella realtà le divergenze siano molto più sfumate e non così stereotipate, questo può essere un buon modo per comprendere lo scontro ideologico di fondo. Discordanze d’opinione derivanti soprattutto dalla mancanza di un modello positivo condiviso con il quale studiare gli effetti dell’intervento pubblico.
Sorvolando gli scontri ideologici e tornando alla concreta realtà, ci si rende conto di quanto il modello appena citato sia ottimisticamente fiducioso nei confronti della spesa pubblica. Addebitando addirittura l’intero aumento di G a favore dell’economia e preoccupandosi invece di specificare come una riduzione delle tasse sia mitigata dalla “propensione al consumo”. L’esperienza di tutti i giorni ci dimostra, come la spesa pubblica sia in realtà imperfetta tanto quanto l’agire dei singoli cittadini: sprechi, inefficienze e corruzione deviano una parte dei capitali dall’obiettivo di benessere comune. La mazzetta che va in mano al politico corrotto non rientra interamente nell’economia, esattamente come il consumo. Dunque diviene necessario provare ad implementare la definizione di G in funzione di un qualche altro parametro. Per esempio ad un indicatore S1 di “efficienza della spesa”, che leghiamo alla propensione all’onestà amministrativa ed altri fattori di genere, con valore compreso tra 0 e 1. Notiamo subito che minore sarà il suo valore, minore sarà l’effetto di un aumento di G sul ciclo economico.
Con questa piccola e fantasiosa ma rilevante modifica, otteniamo un risultato più conforme – per quanto possibile all’interno di un modello teorico – alla realtà.
Ottenendo quindi che in caso di alterazioni di G finanziate con T o viceversa si abbia che:
- Se S1>C1 prevale l’effetto di G
- Se S1<C1 prevale l’effetto di T
L’idea di fondo potrebbe essere riassunta nelle affermazioni di Okun: “L’intervento dello Stato avviene con un secchio con il fondo bucato, causando perdite per la società nel suo complesso”. E’ evidente come tali perdite siano maggiori tanto quanto è maggiore la corruzione del sistema politico. Questo elemento per la prima volta, sperando Keynes non si rivolti nella tomba, è inserito nel modello IS-LM. Che il magnifico rettore mi protegga.
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