The chicken game

Tradotto letteralmente dall’inglese è “il gioco del pollo”, anche se in italiano è più corretto chiamarlo “il gioco del coniglio”. Nella teoria dei giochi, esso serve per descrivere l’interazione tra operatori economici, paesi e istituzioni, specie in ambito internazionale. In particolare, è utile per comprendere i comportamenti di tali agenti durante i periodi di crisi. Un classico esempio che può aiutare a capire in cosa consista “il gioco del pollo” si trova nel film Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause): in una scena, due ragazzi gareggiano con le proprie auto a piena velocità verso un dirupo. Se entrambi sterzassero, perderebbero il rispetto dei pari; se uno dei due sterzasse prima dell’altro, farebbe la figura del coniglio; se entrambi non sterzassero, morirebbero cadendo dal dirupo.

Nell’eurozona, l’interazione strategica tra gli attori coinvolti, governi e istituzioni europee, si svolge secondo modalità simili a quelle del “gioco del coniglio”. Sicuramente, il caso più emblematico è rappresentato dal rapporto tra il governo greco – o meglio i vari governi che si sono succeduti negli ultimi 5/6 anni – e i propri partner europei. Il governo greco è consapevole del fatto che un’eventuale uscita dell’Euro avrebbe conseguenze devastanti per l’economia ellenica, ma anche gli altri paesi dell’UEM ne sarebbero coinvolti per via dell’effetto contagio.

Le convinzioni del governo ellenico appaiono assolutamente fondate: tutti i governi degli altri Paesi sanno che il default greco e il grexit avrebbe conseguenze molto gravi per l’intera Unione, non tanto per il default in sé, dato che il pil ellenico costituisce poco più del 2% del pil dell’UEM, ma soprattutto per il grexit.

Infatti, l’uscita della Grecia dall’Euro per i mercati finanziari equivale ad ammettere che l’Euro è un club nel quale si può entrare, ma dal quale è possibile anche uscire, in maniera unilaterale o concordata. In tal caso, l’ipotesi implicita di bail out alla quale i mercati hanno ciecamente creduto durante i primi dieci anno dell’Euro si rivelerebbe infondata e, quindi, gli investitori ricomincerebbero a prezzare il rischio paese. Perciò, tutti sarebbero costretti a perdere il vero beneficio che è derivato dall’introduzione della moneta unica: la credibilità tedesca.

In sostanza, viste le conseguenze negative diffuse, i greci possono contare sul fatto che il vantaggio di ottenere aiuti dagli altri partner europei sarebbe reciproco.

Come noto, la soluzione adottata per la crisi greca è stata, in poche parole, aiuti finanziari da parte di altri paesi dell’UEM in cambio di piani di risanamento e riforme strutturali concordate con la c.d. Troika. Ci troviamo proprio nella situazione descritta dal “gioco del coniglio”, con i partner europei della Grecia nel ruolo del coniglio. Se tale “gioco” si fosse svolto una volta sola, la Grecia sarebbe risultata vincitrice a discapito degli altri paesi in quanto avrebbe potuto agilmente raggiungere il proprio obiettivo: ottenere maggiori aiuti a condizione molto vantaggiose e un periodo di tempo più lungo per implementare le riforme pattuite. Tuttavia, i negoziati (il nostro gioco) tra il governo ellenico e i partner europei si sono ripetuti più volte.

Quando un giocatore cede alle richieste dell’altro, inevitabilmente perde la propria credibilità perché quest’ultimo si aspetta che il primo non cambi strategia e ceda anche nelle fasi successive del gioco. Così si crea l’incentivo per il giocatore che si è rivelato più credibile a presentare delle richieste sempre più svantaggiose per l’altro e a mettere in discussione gli accordi precedenti. È proprio quello che è accaduto con la crisi greca: quando le istituzioni europee cedevano alle richieste del governo ellenico, concedendo aiuti a condizioni meno stringenti, quest’ultimo si aspettava che nelle successive negoziazioni i partner europei avrebbero ceduto anche se le condizioni fossero state per sé meno onerose. Questo ha spinto la Grecia a domandare ulteriori dilazioni in cambio di misure di risanamento poco incisive.

Questo fenomeno è noto anche come moral hazard. Per i non addetti ai lavori, si tratta di una forma di asimmetria informativa post contrattuale che consiste nell’incentivo da parte del soggetto che si trova in una posizione di vantaggio informativo a deviare dal comportamento desiderato dalla controparte, in seguito alla sottoscrizione di un accordo o contratto. Le implicazioni derivanti dal moral hazard sono notevoli e neanche così difficili da immaginare: se altri paesi dell’Eurozona si fossero venuti a trovare in una situazione di difficoltà simile a quella della Grecia, si sarebbero legittimamente aspettati il medesimo trattamento.
Il rischio evidente era che tra i governi dei paesi meno “virtuosi” si diffondesse la convinzione che i mezzi per affrontare la crisi sarebbero stati forniti da altri paesi, quelli “virtuosi”, in cambio di impegni tutt’altro che rigorosi. Tuttavia, le responsabilità per gli errori commessi dalle autorità greche non potevano essere trasferiti tout court sui bilanci degli altri paesi dell’UEM. È così che alle continue richieste da parte della Grecia di ulteriori aiuti e di rinvio delle misure di risanamento concordate, le istituzioni europee sono state indotte a cambiare strategia, assumendo posizioni che a molti sono potute apparire troppo intransigenti. Per convincere le autorità greche e l’opinione pubblica del Paese, era inevitabile non concedere altro spazio alle loro richieste, arrivando addirittura ad ammettere pubblicamente che il grexit non era più un’eventualità da escludere.

Le ripercussioni di un aiuto incondizionato concesso ad un paese come la Grecia che non appare affatto convinto dalla necessità di riformare radicalmente lo Stato e il proprio sistema economico, è assolutamente improponibile non tanto per le sorti della Grecia in sé, quanto per via del fatto che rischierebbe di porre in secondo piano l’urgenza delle riforme. Senza adeguate riforme i cittadini greci continueranno a rimanere dipendenti dall’aiuto degli altri e la loro condizione non migliorerà mai in maniera significativa. In sostanza deve essere chiaro che nessun paese può vivere incondizionatamente sulle spalle degli altri. È spiacevole a dirsi, ma in ambito economico concedere aiuti senza criterio ai soggetti in difficoltà non serve a risolvere le cause profonde della crisi, anzi spesso contribuisce a creare i presupposti per crisi ancora più gravi in futuro.

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