I rischi del lasciar fare

Nelle intenzioni questo pezzo doveva essere un atto d’accusa. L’inizio recitava quanto segue: “l’idea di libertà negativa, in base alla quale la democrazia consiste nella garanzia che lo Stato non influisca sulla libertà individuale, ha sortito l’effetto di rendere il popolo un gregge di pecore”.

Guardando con più attenzione al contenuto, ci sono diversi chiarimenti da fare prima di lanciarsi in una affermazione di questo tipo e il primo è capire cosa si intende per libertà negativa. Possiamo intendere con un’espressione differente lo stesso concetto: la libertà negativa è l’assenza di vincoli, quella cioè che si definisce in quanto libertà da e che si contrappone alla libertà di. L’assenza di impedimenti dal fare qualcosa o di costrizioni per fare qualcosa è l’essenza di tale libertà. Non è mia intenzione connotare negativamente la “libertà da”, che è stata una conquista della filosofia politica della modernità e che nasce dall’esigenza di coniugare i sistemi del diritto e quelli politici alla natura imprevedibile degli esseri umani.

Quello su cui però mi piacerebbe portare l’attenzione è il fatto che la possibilità di realizzare i desideri personali all’interno dell’area della libertà individuale – designata da tutto ciò che le leggi non vietano di fare – è diventata la condizione per credere che gli unici desideri reali siano quelli inerenti la propria sfera privata. Se pensate a cosa vuol dire essere un uomo di successo penserete a un posto di lavoro ben pagato, a delle doti personali non indifferenti (conoscere diverse lingue, avere ampie conoscenze nel proprio campo), alla stima fra pari, all’invidia di molti, a una discreta fama nella propria città, a una casa agiata ed eventualmente a una famiglia felice. Chi oggi conduce una vita simile non viene considerato solo un uomo che ha raggiunto i suoi successi, ma che ha ottenuto il successo. Il discorso in realtà è più complesso, esistono più modelli di successo che si stanno affermando come alternativi a questa visione, ma perché ignorare un luogo comune che ha informato lo spirito occidentale dalla seconda metà del Novecento e che ha ancora una grande diffusione sociale?

Benjamin Constant, paragonando la libertà degli antichi a quella dei moderni, sottolinea come la realizzazione degli individui, che nella polis greca consisteva nell’essere cittadini e che perciò possedeva il carattere della partecipazione politica, coincide per i moderni con la priorità della sfera privata. La propria famiglia, la propria carriera, il proprio status: quel che di sociale c’è in queste ambizioni è l’ostensione del prestigio che ne deriva una volta realizzate, ma nulla che possa dirsi efficacemente politico, anzi, in realtà è plausibile che i nostri desideri privati sianoantipolitici.

Succede infatti che non essendo costretti a partecipare ma al contempo riposando sulla sicurezza che se volessimo potremmo, la reazione della maggior parte delle persone consista nel “lasciar fare” finché non sia intaccato quel cerchio attorno all’individuo che chiamiamo “libertà personale”. Ma se libertà è garanzia, sia per chi si oppone al potere sia per chi si astiene dal contestarlo, della salvaguardia di sé, delle proprietà e delle pari opportunità, non è forse facile prevedere che un atteggiamento passivo riguardo il potere politico lascerà che questo aumenti le proprie pretese su ogni singola vita?

Il potere ha un inalienabile aspetto organizzativo, potremmo definirlo un’organizzazione dove ogni individuo occupa un ruolo deciso in base ad alcune architetture istituzionali. L’effetto collaterale, se il singolo non trova in se stesso e con gli altri le risorse per occuparsi della dinamica di tale organizzazione (gerarchica in alcune sue parti), è che egli sia ridotto a inerme spettatore del proprio appiattimento  sotto la pressione dei condizionamenti e a fruitore passivo della retorica del sistema.

Esiste anche la pratica possibilità di rifugiarsi nell’ambito della realizzazione di piccoli desideri privati, ma è esattamente questo desiderio di fuga o l’incoscienza con cui lo si compie che prepara il terreno per la soggezione al potere. Perciò cercare la felicità solo nel privato conduce a una diminuzione dei diritti individuali, specie in vista dei momenti in cui il potere potrebbe avere necessità, per le contingenze storiche, di piegare la libertà individuale alle proprie esigenze di gestione dell’ordine. Per evitare tali privazioni l’unica strada possibile è convertire quante più persone possibile a un livello di attivismo minimo, a prescindere dal proprio orientamento politico, al fine di influenzare i meccanismi del potere tramite azioni che abbiano valore pubblico – scrivere, manifestare, associarsi.

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