Sei un aspirante studente di Princeton o Harvard? Abbiamo una cattiva notizia per te: accedervi non è mai stato così difficile. Oggi i tassi di approvazione delle applications sono bassissimi, ed entrare in una delle 10 università più prestigiose al mondo assomiglia ormai, più che ad un sogno, ad un’allucinazione. Sarà a questo che si riferisce il motto della Brown University, “In Deo Speramus“?
Il primato della selettività va a Stanford. Per il 2018, ha già ricevuto applications da 42.167 potenziali studenti: ce l’ha fatta appena il 5,1% di questi. Per le generazioni precedenti, tuttavia, le cifre non erano così spietate. Negli anni ’80, il tasso di accettazione a Stanford era tra il 15% e il 20%. Cifre simili a Yale: negli stessi anni, attorno al 20% dei richiedenti riceveva la fatidica risposta positiva; oggi poco più del 6%. Il trend è pressappoco lo stesso per decine di college americani fra i più ambiti, ma un caso notevole è quello della Northwestern University: dal 40% un quarto di secolo fa, a meno del 13% oggi.
Le ragioni della feroce esclusività dei migliori college americani sono molteplici. Innanzitutto, la globalizzazione: gli studenti che aspirano ad entrare nelle università più prestigiose sono sempre di più, e spesso arrivano dal continente asiatico. Allo stesso tempo, i posti disponibili durante gli anni sono rimasti – approssimativamente – gli stessi. Ovviamente, in questo senso Internet ha avuto un importante ruolo nell’accorciare le distanze. Nell’era digitale, fare application è diventato molto più semplice.
In più, gli studenti, oggi, normalmente non tentano l’accesso ad una singola università: venticinque anni fa, soltanto il 10% degli studenti faceva richiesta a più di 7 college; ora più di 1 su 4 lo fa. Molti di questi utilizzano il Common Application, un unico format elettronico che si può presentare per ogni università, insieme ad integrazioni specifiche a seconda dei casi. Durante l’anno accademico 2013-14, ben 813.000 studenti ne hanno usufruito. Per chi è disposto a pagare le salate rette degli atenei più prestigiosi, i costi di application, che spesso vanno dai 35$ ai 90$, non sono certo proibitivi.
Se i dati di selettività non vi hanno sufficientemente scoraggiati, ci sono altri fattori da considerare. Molti degli studenti che riescono ad accedere al loro sogno, in realtà, sono i cosiddetti “legacies“, cioè gli studenti con un genitore o un altro parente che ha frequentato la stessa università. Molti altri sono atleti eccellenti. Lo studio di un dottorando di Harvard su un campione di 130.000 studenti dimostrerebbe che ilegacies hanno, a parità di punteggi ai test, voti e altri titoli, il 23,3% in più di possibilità di ammissione rispetto ai loro colleghi nonlegacies.
È altresì vero che la selettività, oggi, è diventata sinonimo di prestigio. Per questo motivo, le università spesso cercano di diminuire i loro tassi di accettazione con politiche specifiche. Lo US News&World Report registra la sua classifica annuale dei college americani anche sulla base di questo criterio, e la sua influenza è risaputa.
Tuttavia, John Katzman, amministratore delegato e fondatore di Noodle, società che aiuta gli studenti a prendere decisioni circa l’educazione, sostiene che, in fin dei conti, la selezione oggi è meno restrittiva. Katzman, che in passato ha fondato la Princeton Review, sta guardando non alla Ivy League, ma ad un panorama più ampio, quello delle prime 100 Università al mondo. Se la Ivy League, infatti, non ha visto un incremento del numero di studenti, l’università del Michigan, Berkeley in California, l’università di Boston, quella di New York e molte altre sono cresciute significativamente negli ultimi anni.
La strategia migliore da adottare, oggi, è quella di non avere il feticismo donchisciottesco per un’unica istituzione, ma di fare molti tentativi. Allargare i propri orizzonti potrebbe significare fare jackpot, e riuscire ad ottenere un’istruzione eccellente. Senza mancare di audacia e ambizione.
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